Painter: Giotto Di Bondone - Cappella Scrovegni a Padova - Part 2 - Map of the locations of the paintings - Plano de las ubicaciones de las pinturas - Data Italiano. Español. English

Posted by Ricardo Marcenaro | Posted in | Posted on 18:47


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Giotto - Scrovegni - [13] - God Sends Gabriel to the Virgin

Giotto - Scrovegni - [14] - The Angel Gabriel Sent by God

Giotto - Scrovegni - [15] - The Virgin Receiving the Message

Giotto - Scrovegni - [16] - Visitation

Giotto - Scrovegni - [17] - Nativity, Birth of Jesus

Giotto - Scrovegni - [18] - Adoration of the Magi

Giotto - Scrovegni - [19] - Presentation at the Temple

Giotto - Scrovegni - [20] - Flight into Egypt

Giotto - Scrovegni - [21] - Massacre of the Innocents

Giotto - Scrovegni - [22] - Christ among the Doctors

Giotto - Scrovegni - Location of the frescoes as viewed from the entrance






La Cappella degli Scrovegni si trova nel centro storico di Padova e ospita un celeberrimo ciclo di affreschi di Giotto dei primi del XIV secolo, considerato uno dei capolavori dell'arte occidentale.


Storia

Intitolata a Santa Maria della Carità, la cappella fu fatta costruire ed affrescare tra il 1303 e i primi mesi del 1305 - a beneficio della sua famiglia e dell'intera popolazione padovana - da Enrico Scrovegni, ricchissimo banchiere padovano, che nel febbraio del 1300 aveva acquistato l'intera area dell'antica arena romana di Padova e vi eresse un sontuoso palazzo, di cui la Cappella era l'oratorio privato e il futuro mausoleo della famiglia. Enrico incaricò di affrescare la cappella il fiorentino Giotto, il quale, dopo aver lavorato con i francescani di Assisi e di Rimini, era a Padova chiamato dai frati minori conventuali a dipingere nella loro Basilica di Sant'Antonio.

Le pareti dell'oratorio sono lisce, senza nervature, perfette per la stesura di affreschi, mentre il soffitto è coperto da una volta a botte; opposta all'entrata si apre una parete con un coretto. Giotto stese gli affreschi su tutta la superficie, organizzati in quattro fasce dove sono composti i pannelli con le storie vere e proprie dei personaggi principali divisi da cornici geometriche.

Giotto dipinse l'intera superficie con un progetto iconografico e decorativo unitario, ispirato da un teologo agostiniano di raffinata competenza, recentemente identificato in Alberto da Padova[1]. Tra le fonti utilizzate vi sono molti testi agostiniani, i Vangeli apocrifi dello pseudo-Matteo e di Nicodemo, la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze e, per piccoli dettagli iconografici, le Meditazioni sulla vita di Gesù dello pseudo-Bonaventura. Ma anche testi della tradizione medievale cristiana, tra cui Il Fisiologo.

Sulla volta stellata è presente l'immagine del Cristo Pantocratore benedicente: Egli ha pollice, anulare e mignolo uniti (simbolo della Trinità), mentre indice e medio sono intrecciati (simbolo della doppia natura umana e divina di Cristo).[2]

Giotto dipinse, dividendolo in 40 scene, un ciclo incentrato sul tema della salvezza. Si parte dalla lunetta in alto sull'arco trionfale, dove Dio avvia la riconciliazione con l'uomo, si prosegue sul registro più alto della parete nord con le storie di Gioacchino ed Anna e si continua sulla parete opposta con le storie di Maria, dalla nascita allo sposalizio con Giuseppe. Si torna sull'arco trionfale con la scena dell'Annunciazione e il riquadro della Visitazione. A questo punto sul secondo registro della parete nord iniziano le storie della vicenda terrena di Gesù, che si svolgono lungo i due registri centrali delle pareti, con un passaggio sull'arco triofale nel riquadro del Tradimento di Giuda. L'ultimo riquadro presenta la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli (Pentecoste). Subito sotto inizia il percorso del quarto registro, costituito da quattordici allegorie monocrome, alternate a specchiature in finto marmo, che simboleggiano i Vizi e le Virtù.
   
« La storia sacra diventa storia umana. Fin qui Giotto ha illustrato il passato; nella controfacciata dipingerà il Giudizio Universale, l'approdo del futuro, la fine del mondo e del tempo, l'ottavo giorno. Il quarto registro immette nello spazio temporale del presente, nella dimensione terrena e attuale. Pone l'uomo di fronte alla scelta »
   
(Giuliano Pisani, I volti segreti di Giotto, Rizzoli 2008, p. 147)

È il cuore filosofico-teologico della Cappella degli Scrovegni. La parete nord presenta le allegorie di sette vizi (Stultitia, Inconstantia, Ira, Iniusticia, Infidelitas, Invidia, Desperatio); lungo la parete sud sono raffigurate le allegorie delle sette virtù, le quattro cardinali (Prudencia, Fortitudo, Temperantia, Iusticia) e le tre teologali (Fides, Karitas, Spes). Il nome del vizio o della virtù è scritto in alto in latino e indica chiaramente che cosa rappresentino queste immagini. Vizi e virtù si fronteggiano a coppia. L'obiettivo da coronare è il raggiungimento del Paradiso, superando con la cura delle virtù corrispondenti gli ostacoli posti dai vizi.

L'ultima scena, che occupa l'intera controfacciata rappresenta il Giudizio Universale e la visione del Paradiso. Chiude il tutto la volta con stelle a otto punte su un cielo blu, colore simbolo della sapienza divina. Due tondi rappresentano La Madonna con il bambino e il Cristo benedicente. Otto profeti (sette neviìm dell'Antico Testamento e Giovanni Battista) fanno loro corona.

Sull'altare della cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna con Bambino e due Angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni a compiere questo mirabile capolavoro.

La cappella, acquisita dalla municipalità di Padova nel 1880, era originariamente collegata attraverso un ingresso laterale al palazzo della famiglia Scrovegni (oggi non più esistente), che fu fatto erigere seguendo il tracciato ellittico dei resti della vicina arena romana che oggi costituisce il giardino antistante l'edificio.

L'esterno della cappella si presenta come una costruzione - più volte modificata nel corso dei secoli - con mattoni a vista e tetto a due falde.


Il ciclo pittorico

Il carattere di ex voto della cappella è chiarificato nel Giudizio universale dalla rappresentazione del committente, che offre alla Madonna, affiancata da san Giovanni e da santa Caterina d'Alessandria, un modello preciso dell'edificio, come lasciapassare per il Regno dei Cieli.

Giotto calcolò con grande precisione il punto di vista ideale al centro dell'oratorio e disegnò l'intelaiatura tra i pannelli in modo da sembrare un finto basamento in marmo e logge sovrapposte. Valutò la fonte di luce e la accordò con la luce nelle scene. Uno sfoggio di virtuosismo illusionistico è la presenza dei cosiddetti coretti, due finte stanze che si aprono all'altezza del primo registro accanto al coro vero, che lasciano intravedere delle volte a crociera in prospettiva.

Rispetto alle Storie di San Francesco, si assiste a un maggiore affinamento dei mezzi espressivi, ad una più forte padronanza della composizione per gli effetti narrativi, dei gesti, della cromia in generale. I preziosi pigmenti che da tutto il bacino del Mediterraneo arrivavano a Venezia furono sicuramente approvvigionati per il lavoro del maestro a Padova: rosa, gialli, arancioni e il costosissimo blu oltremare, che dà un tono intenso agli sfondi dei cieli.

Le figure hanno un volume ancora più reale che ad Assisi, avvolte da ampi mantelli attraverso cui si capisce la modellazione dei corpi sottostanti. Anche le architetture di sfondo, una delle caratteristiche più evidenti di Giotto, non presentano più incertezze e concessioni allo sfondo irreale. Sono chiare e reali, proporzionate con le figure che interagiscono con esse. Per esempio nella Presentazione della Vergine al tempio vi sono più forme combinate che creano un notevole gioco di vuoti e pieni, con zone aperte in piena luce e recessi coperti in una fitta ombra. Anche la Cacciata dei mercanti dal tempio presenta un'articolata costruzione tridimensionale (eloquente è il gesto minaccioso del Cristo infuriato che alza il pugno), oppure nella scena delle Nozze di Cana.

Nel celeberrimo Compianto sul Cristo morto i personaggi hanno espressioni di vero dolore e i loro gesti amplificano con realismo la drammaticità della scena. La composizione qui è molto raffinata, con un gioco di linee oblique parallele che indirizzano lo sguardo dello spettatore inequivocabilmente verso il nodo della scena, dove Maria abbraccia con incredula disperazione le spalle e le braccia del figlio morto. Le pose dei personaggi sono quanto mai varie: San Giovanni di profilo con le braccia spalancate in una costernata sorpresa, la donna con le mani sotto al mento, la misteriosa figura di spalle in primo piano a sinistra. Alcuni hanno notato come le pose patetiche del Compianto siano derivate probabilmente da un sarcofago antico a Padova, il Sarcofago di Melagro (vedi: Meleagro), ma comunque Giotto ha dimostrato un pieno dominio nella pittura per l'espressione di valori universali.

Anche in altre scene Giotto usa figure di spalle, per dare alle scene ritmo e l'effetto di quotidiana casualità nella quale lo spettatore possa riconoscere il proprio mondo. Nella famosa scena dell'Incontro fra Gioacchino e Anna rappresentò con gesti teneri il primo bacio dell'arte italiana (e ultimo per tutto il Trecento). Dietro di loro un'emblematica figura coperta da un mantello nero mostra soltanto metà del suo volto, mentre a sinistra un pastore sta arrivando: colto durante il movimento è raffigurato solo per metà nella scena.

Un altro straordinario momento è quello della Cattura di Cristo, dove un gioco di linee simili a quelle del Compianto, fa convergere lo sguardo al serratissimo incrocio faccia a faccia tra Cristo e Giuda.

La ricerca giottesca di valori plastici e spaziali raggiunge i suoi vertici in questo edificio.
[modifica] Protesta degli Eremitani e modifica del piano originale
Enrico Scrovegni offre alla Madonna un modellino della cappella

Nel 1305, quando i lavori per la Cappella stavano per concludersi, gli Eremitani, che vivevano in un convento li vicino, protestarono con veemenza perché la costruzione della Cappella, andando oltre gli accordi presi, si stava trasformando da oratorio in una vera e propria chiesa con campanile e forme ritenute, all'epoca, eccessivamente visibili. Non risulta noto come la vicenda si sia conclusa. Forse in seguito a queste rimostranze la chiesa fu ridotta in dimensioni, con l'abbattimento della monumentale parte absidale con ampio transetto (documentata nel "modellino" dipinto da Giotto nell'affresco in controfacciata), dove lo Scrovegni aveva progettato di inserire il proprio mausoleo sepolcrale: la datazione più tarda degli affreschi dell'abside (1320) confermerebbe questa ipotesi[3]. È certo, comunque, che l'attuale campanile, vicino alla Cappella degli Scrovegni, è diverso da quello originale.


Astronomia e pittura


Nell'Adorazione dei Magi Giotto ha raffigurato la cometa di Halley che aveva osservato al suo passaggio nel 1301, usandola come modello per la stella di Betlemme. Oggi si sa per certo che la cometa di Halley passò nel 12 a.C. ed è generalmente accettato che la Stella di Betlemme non fosse altro che un eccezionale allineamento fra Giove e Saturno, Giotto non poteva comunque saperlo perché tale allineamento è stato calcolato per la prima volta da Keplero nel 1604.

http://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_degli_Scrovegni



La Capilla de los Scrovegni (Cappella degli Scrovegni), también llamada Capilla de la Arena, en Padua, alberga un célebre ciclo de frescos de Giotto, considerados una de las cumbres del arte occidental.

El edificio, construido en ladrillo, tiene planta rectangular y está cubierto con bóveda de cañón. En el exterior, la capilla se presenta como una construcción -varias veces modificada en el curso de los siglos- con contrafuertes vistos y tejado a dos aguas.

Dedicada a Santa María de la Caridad, la capilla fue erigida, probablemente entre los años 1303 y 1305,1 por orden de Enrico Scrovegni, que pretendía así expiar los pecados de su padre, conocido usurero. La capilla tenía finalidad funeraria, y el propio Enrico (muerto en 1336) está enterrado allí. Su sarcófago se encuentra detrás del altar.

La capilla -adquirida por el municipio de Padua en 1880 y varias veces restaurada (la última intervención de importancia tuvo lugar en 2001)- estaba originalmente conectada, mediante una puerta lateral, con el palacio de la familia (hoy desaparecido), que había sido construido por orden de los Scrovegni siguiendo el trazado elíptico de los restos del cercano anfiteatro romano, que hoy forma el jardín que está delante del edificio, visitado por miles de turistas de todos los lugares del mundo.


Los frescos

La decoración mural de la capilla es una de las más importantes obras maestras de Giotto. La atribución a este artista, aunque no existe documentación específica del contrato, parece segura, pues en ella concuerdan todos los críticos e historiadores.
El beso de Judas, 1304-1306, fresco, 200 x 185 cm, capilla Scrovegni, Padua.

Giotto terminó probablemente sus trabajos hacia el año 1305 o, según otros autores, en 1306.

Los frescos están dispuestos en tres bandas horizontales superpuestas. Cada una de las bandas está dispuesta en seis recuadros sucesivos, lo que hace un total de 36 cuadros. El orden narrativo es de izquierda a derecha y de arriba a abajo.

En la banda superior del muro izquierdo, se relata la vida de San Joaquín y Santa Ana. Su continuación, en el muro frontero, es la historia de la Virgen, con episodios como La presentación de María en el Templo. De nuevo en la pared izquierda se relatan episodios del nacimiento e infancia de Jesús, como la huida a Egipto. El lado opuesto se inicia con la disputa con los doctores, y continúa con escenas de su vida pública (bautismo en el Jordán, milagro de las bodas de Caná, resurrección de Lázaro, entrada en Jerusalén y expulsión de los mercaderes del templo). Las bandas inferiores de ambos muros están dedicadas a narrar la Pasión, la Lamentación sobre Cristo muerto y la Resurrección de Cristo. El último de los 36 cuadros representa el milagro de Pentecostés, inicio simbólico de la acción de la Iglesia en la tierra.

La iconografía de los frescos tiene su origen no sólo en el Nuevo Testamento, sino también en tradiciones apócrifas procedentes de La leyenda dorada, de Jacobo de la Vorágine acerca de la Virgen María y de sus padres, San Joaquín y Santa Ana. A su vez, el origen último de estas tradiciones se remonta al evangelio apócrifo conocido como Protoevangelio de Santiago.

Además de estas, existen otras pinturas: en el arco triunfal de acceso al ábside se representa la Anunciación de la Virgen (por encima de esta escena aparece Dios despidiendo a Gabriel, que va a cumplir su misión (un tema poco usual en el arte sacro). En la pared opuesta, a los pies de la iglesia, se representa un grandioso Juicio Final, en el que, según los críticos, Giotto cedió parte del trabajo a sus aprendices.

En las bandas inferiores de los muros, por debajo de las escenas de la vida de Cristo, Giotto pintó 14 alegorías de Vicios y Virtudes. Los Vicios están en el muro izquierdo, mientras que las Virtudes se encuentran en el derecho. Los Vicios se corresponden con la parte izquierda de la pintura del Juicio Final, donde se representa a los pecadores condenados al infierno, en tanto que las Virtudes están en relación con la parte derecha de la misma pintura, en la que aparecen los bienaventurados. El mensaje es claro: los Vicios conducen al infierno, y las Virtudes llevan a la salvación.

http://es.wikipedia.org/wiki/Capilla_de_los_Scrovegni




The Scrovegni Chapel, or Cappella degli Scrovegni, also known as the Arena Chapel, is a church in Padua, Veneto, Italy. It contains a fresco cycle by Giotto, completed about 1305, that is one of the most important masterpieces of Western art. The church was dedicated to Santa Maria della Carità at the Feast of the Annunciation, 1305. Giotto's fresco cycle focuses on the life of the Virgin Mary and celebrates her role in human salvation. The chapel is also known as the Arena Chapel because it was built on land purchased by Enrico Scrovegni that abutted the site of a Roman arena. This space is where an open-air procession and sacred representation of the Annunciation to the Virgin had been played out for a generation before the chapel was built. A motet by Marchetto da Padova appears to have been composed for the dedication on March 25, 1305.[1]

The chapel was commissioned by Enrico Scrovegni, whose family fortune was made through the practice of usury, which at this time meant charging interest when loaning money, a sin so grave that it resulted in exclusion from the Christian sacraments.[2] Built on family estate, it is often suggested that Enrico built the chapel in penitence for his father's sins and for absolution for his own. Enrico's father Reginaldo degli Scrovegni is the usurer encountered by Dante in the Seventh Circle of Hell. A recent study suggests that Enrico himself was involved in usurious practices and that the chapel was intended as restitution for his own sins.[3] Enrico's tomb is in the apse, and he is also portrayed in the Last Judgment presenting a model of the chapel to the Virgin.

Though the chapel was ostensibly a family oratory, it served some public functions related to the Feast of the Annunciation.[4]

Giotto was an architect as well as an artist, but it is not known whether he designed the chapel. Apart from Giotto's paintings, the chapel is unornamented and features a barrel vault roof. Giotto's Last Judgment covers the entire wall above the chapel's entrance and includes the aforementioned devotional portrait of Enrico. Each wall is arranged in three tiers of fresco groups, each with four two-meter-square scenes. Facing the altar the sequence begins at the top of the right hand wall with scenes from the life of the Virgin, including the annunciation of her mother and the presentation at the temple. The series continues through the Nativity, the Passion of Jesus, the Resurrection, and the Pentecost. The panels are noted for their emotional intensity, sculptural figures, and naturalistic space. Between the main scenes Giotto used a faux architectural scheme of painted marble decorations and small recesses.

One of the most gripping paintings in the chapel is Giotto's portrayal of The Kiss of Judas, the moment of betrayal that represents the first step on Jesus' road to the Crucifixion.[5]

http://en.wikipedia.org/wiki/Scrovegni_Chapel







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